a cura di
Raffaele Ferraro
2-05-2017

Ciao Michele

Pomeriggio estivo. Caldo e umido che vanno a braccetto per togliermi l’ultimo filo d’aria rimasto in salotto. Ventilatore a velocità “3” puntato dritto verso la mia faccia. Uno dei miei soliti pomeriggi in compagnia del Giro d’Italia. 8 km all’arrivo. Arrivo in salita. Cielo molto nuvoloso, promette pioggia. E’ il momento che preferisco. Gli scatti, le strategie, i ciclisti che si studiano, si lanciano occhiate, le pedalate sempre più macchinose, i “piccoletti” sempre in piedi sui pedali con i rapporti agili, i ciclisti più alti e robusti sempre seduti sul sellino con dei rapporti durissimi. Basta una frazione di secondo, l’allungo fatto nel momento giusto, per decidere una tappa. In gruppo sono rimasti in una dozzina. Non farò nomi dei ciclisti perché ciò che mi è rimasto di quel momento non è chi si stava giocando il Giro, non era la gara in sé, ma un’espressione.
In quel momento i ciclisti hanno il volto scavato dalla fatica. Grondano di sudore, la magrezza dei loro corpi appare più accentuata. Sono distrutti. Ad un certo punto la telecamera della moto fa un primo piano su un ciclista, è al terzo posto, ha una pedalata agile, ha il sorriso sul volto.
No, un attimo, inquadratelo di nuovo per piacere! Ho sicuramente visto male. Non può sorridere, non è vero! Il caldo mi sta dando alla testa, ho le visioni, spengo il ventilatore…
La telecamera torna ad inquadrare i primi 3. Lui sta ancora sorridendo. Ma non tanto con la bocca, quando con gli occhi. Sembra sinceramente felice. Dopo 5 ore di tappa, 3 gran premi della montagna, 180 km, lui è felice. Ma come diavolo è possibile?
Una risposta c’è.
Lui è Michele Scarponi. Un uomo che ha sempre interpretato lo sport con gioia e passione. E quella gioia se l’è sempre portata con sé. Come la bicicletta. Come fosse uno strumento necessario per gareggiare e vincere. Quel pomeriggio, a pochi chilometri dall’arrivo, all’ombra degli alberi, in mezzo ad una strada stretta e dissestata, col cielo cupo e le nuvole gonfie di pioggia, all’improvviso apparve un raggio di sole.

Michele Scarponi illuminava il ciclismo.
E da quella tragica mattina del 22 aprile, il ciclismo è più al buio.

Foto da: http://flickr.com/photos/71175511@N00/18740345113