a cura di
Raffaele Ferraro
15-04-2017

La maglia nera

Il bello dello sport è che non sempre passano alla storia i vincitori. Ogni tanto anche gli sconfitti. E non parliamo di una partita di tennis dove lo sconfitto può essere il finalista battuto che arriva secondo, parliamo di ciclismo, dove lo sconfitto è colui che arriva 250 esismo su 250 ciclisti. La maglia nera venne introdotta nel Giro d’Italia del 1946 e fu, ironia della sorte, vinta da colui che arrivò ultimo nella classifica generale finale. Ma questo premio nasconde una storia molto particolare.
Giuseppe Ticozzelli fu un calciatore e allenatore negli anni ’20 e ’30 dell’Alessandria (di cui fu il fondatore), della Spal e del Casale. Personaggio eclettico dal fisico possente (185 cm per 94 kg di peso), nel 1926, nel pieno della sua carriera da calciatore, decise di partecipare al Giro d’Italia da indipendente perchè il ciclismo era la sua seconda passione dopo il calcio. Fece solo quattro tappe, poi fu investito da una moto e non proseguì la corsa. Ma passò comunque alla storia. In una tappa che transitava per Genova, distaccò tutto il gruppo arrivando ad avere un’ora di vantaggio, ma quando si avvicinò alle prime rampe del passo del Bracco, correndo da indipendente, aveva già finito i suoi pochi rifornimenti (un panino e una gazzosa). Decise quindi di fermarsi al ristorante, mangiò e quando arrivò il gruppo salutò tutti e riprese la corsa. Nella sua ultima tappa venne investito da una moto e non potendo riprendere la corsa si fermò in una trattoria a fare un pisolino. Non solo, Ticozzelli arrivava alla partenza di ogni tappa sempre in taxi all’ultimo momento. Un personaggio incredibile, che col suo modo stravagante di vivere il ciclismo e la maglia nera stellata (del Casale) che indossò per quel Giro d’Italia, ispirò il premio della “Maglia nera” qualche anno più tardi. Premio che ogni anno è molto ambito dai ciclisti.
Giuseppe “Tico” Ticozzelli, a suo modo, un genio dello sport.